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Il castello dei minatori verso un nuovo splendore

 Tutte le volte che arrivo a Castelnuovo dei Sabbioni, frazione di Cavriglia (Ar) a ridosso delle colline del Chianti, mi piace soffermarmi sul cavalcavia all’inizio del paese dal quale posso ammirare una stupenda veduta sul Valdarno con in primo piano la chiesina affacciata sul laghetto e contornata da un sparuto gruppo di case che sbucano dal verde. E’ tutto quello che rimane del vecchio  borgo ormai totalmente disabitato da 25 anni, chiuso al pubblico ed inserito in un contesto ambientale radicalmente cambiato nel tempo; tutto il quadretto sembra “sporcato” dalla centrale di Santa Barbara sul retro ma le due realtà sono strettamente legate e per capire meglio tutta la storia ho la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con il sig. Emilio Polverini, vero archivio vivente di “Castello Vecchio”.

Inizialmente si chiamava Castelnuovo d’Avane e le prime notizie documentate in un atto depositato presso la vicina Badia di Coltibuono, risalgono all’anno 1120, il nome fu mantenuto fino a dopo l’unità d’Italia quando iniziarono gli scavi di lignite su questi terreni particolarmente ricchi di argilla, qui chiamata in gergo “sabbione” e da li fu coniato il nome attuale.

Durante la seconda guerra mondiale il paese subisce atroce eccidio:
La mattina del 4 Luglio 1944 una rappresaglia delle milizie tedesche stermina 191 innocenti fra i paesi di Meleto, San Martino, Massa dei Sabbioni e Castelnuovo che conta 74 vittime barbaramente uccise in piazza IV Novembre, incluso il parroco; in ricordo della tragedia venne costruito un sacrario ancora visibile all’ingresso del borgo.

Finita la guerra c’è un forte sviluppo della miniera che risolleva un po’ tutto il Valdarno dalla crisi e porta alla costruzione della centrale termoelettrica di Santa Barbara; iniziano le estrazioni di lignite a cielo aperto che si allargano fin sotto il paese provocando i primi abbandoni e crolli fino a far scomparire gran parte del vecchio borgo risparmiando solo la parte più alta perché ben fissata su un solido macigno e qualche casolare intorno; agli sfollati vengono consegnati nuovi alloggi nel vicino altopiano di Camonti dove si ricostruisce l’attuale paese di Castelnuovo dei Sabbioni.

Nel 1994 i giacimenti di lignite si erano già esauriti, quindi terminano gli scavi e nell’ex bacino minerario a ridosso del paese si forma col passare del tempo un laghetto molto suggestivo che da una nuova immagine a tutta la zona.

Nel 1995 il vecchio borgo viene immortalano nel film di Alessandro Benvenuti “Ivo il Tardivo” protagonista insieme alla bella Francesca Neri; per l’occasione l’attore-regista vi fa allestire una particolare scenografia molto gradevole fatta di murales in bianco e nero di cui ancora è rimasta qualche timida traccia, nella pellicola inoltre si ritrovano altri ritagli di Valdarno come il Corso cittadino di San Giovanni e la piazza di Figline.

Oggi la parte alta del vecchio paese in cui si trova la chiesa ora sconsacrata e l’ex canonica,  è già  completamente ristrutturato, pronto per essere riaperto entro breve tempo; qui verrà allestito il “Centro di Documentazione delle Miniere di Lignite” corredato dei più moderni apparecchi multimediali che ne consentiranno una visita molto suggestiva al passo con i tempi e nell’occasione si potrà visitare quel che rimane del vecchio Castelnuovo dei Sabbioni ed ammirare nuovi e stupendi panorami in un contesto davvero originale, sarà anche il primo passo per la riqualificazione di tutto l’ex bacino minerario ora a forte vocazione turistica.
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