La coltivazione del giaggiolo è molto diffusa nel Valdarno, ecco il perché.
A maggio e giugno si può vedere lungo la strada dei Setteponti, tra balzi e pianori, filari di giaggioli che colorano il paesaggio. E’ un fiore che trova il suo habitat naturale nelle colline sabbiose di queste zone, dove l’acqua non ristagna, tra i 250 ed i 600 metri. Nel periodo della fioritura i petali vellutati mettono in risalto tutta la loro bellezza e rendono ancor più piacevole percorrere questa antica via della Toscana.
Il giaggiolo (o iris) può essere di vari colori, dal blu scuro, al marrone, al bianco, ma quello tipico ed anche più redditizio per la lavorazione, è di color lilla.
Coltivazione e lavorazione del giaggiolo
Fino alla fine degli anni ’80 la coltivazione del giaggiolo era abbastanza diffusa da queste parti in quanto la vendita della sua radice, chiamato rizoma, consentiva buoni guadagni per il sostentamento delle famiglie contadine. E’ molto richiesto infatti dalle aziende di cosmetici ed in erboristeria, che ci ricavano la base per tutti i profumi. Oggi la produzione è drasticamente scesa ma ancora c’è qualcuno che la pratica secondo la vecchia tradizione.
La pianta del giaggiolo ha un ciclo di vita di tre anni, dopodiché viene sbarbata per la lavorazione. Nei mesi più caldi intere famiglie si riuniscono per la mondatura del rizoma. Viene praticata con uno speciale coltellino, chiamato roncolo, seguendo un’antica tecnica tramandata di padre in figlio.
Il rizoma dopo essere stato lavato, viene tagliato a fette e messo al sole ad essiccare su stuoie di legno. Al termine di questo procedimento è pronto per la vendita. La sua destinazione finale è il mercato francese dove si concentrano le maggiori case produttrici di profumi.
Il giaggiolo però è bello anche da vedere, e se oggi non è così facile trovarne ampie distese, in piccole quantità è ancora coltivato da molte famiglie, in ricordo di questa antica tradizione locale.