Un viaggio nel tempo per riscoprire la bellezza della tipica casa colonica toscana nel Valdarno Superiore: dal medioevo ai giorni nostri.
Nata come abitazione dei contadini mezzadri, la casa colonica toscana ha contribuito in modo determinante ad impreziosire quel magnifico paesaggio, fatto di dolci colline, di vigne, cipressi e di muri a secco che tutto il mondo oggi riconosce ed apprezza. Ne possiamo trovare vari esempi anche nel Valdarno Superiore.
Sin dall’altro Medioevo i ricchi borghesi iniziarono ad investire nelle campagne, comprando ampi poderi che davano in concessione ai loro contadini. Questo sistema andò evolvendosi fino ad arrivare ai contratti di mezzadria che hanno fatto la fortuna dell’intera Toscana rurale fino ad un recente passato.
La mezzadria
Nel contratto di mezzadria il proprietario terriero si impegnava a dare in concessione ad una famiglia contadina, rappresentata dal suo capofamiglia (il capoccia), un podere con una casa colonica, in cambio del 50% dei raccolti. A regolare i rapporti fra le due controparti c’era il fattore che cercava di far fruttare al massimo i terreni del padrone, indirizzando la semina e le colture verso prodotti ben pagati sul mercato; il capoccia invece spingeva verso quelli più essenziali per la sussistenza della sua famiglia.
Le famiglie dei mezzadri erano assai numerose, ciò permetteva di avere molte braccia da impegnare nei campi.
La vita di campagna era molto dura, non esisteva il tempo libero, tutte le giornate erano interamente dedicate nel far fruttare al meglio il podere.
I terreni in concessione erano tenuti in perfetto ordine, niente veniva lasciato al caso, tutto studiato in modo da poter avere il massimo della resa, per il bene della propria famiglia ed anche del padrone.
Le prime case dei contadini
Le prime abitazioni contadine, nell’alto medioevo, erano davvero poco confortevoli, situate in luoghi angusti, a volte ricavate in grotte, oppure erano vere e proprie capanne. Successivamente iniziò una primitiva architettura contadina in cui nacquero case rudimentali fatte di terra ed argilla, con tetti spioventi per consentire il deflusso delle piogge. Erano comunque strutture molto povere che obbligavano a condizioni di vita difficili.
Il viaggio del Granduca Pietro Leopoldo
Nel 1737, con l’avvento dei Lorena in Toscana ci fu un grosso cambiamento, specialmente negli anni successivi, grazie al Granduca Pietro Leopoldo. Egli aveva sentito parlare delle condizioni difficili in cui vivevamo i contadini del Granducato, volle però rendersene conto con i propri occhi. Fece allora vari viaggi in giro per la Toscana. Due di questi anche nel Valdarno Superiore e specialmente nel secondo si rese conto dello stato di arretratezza e disagio in cui si trovava la sua popolazione.
Da quel viaggio di Pietro Leopoldo ne derivarono molte migliorie per i contadini ed il territorio, che ancora oggi sono tangibili, tra cui la costruzione delle case “Leopoldine”.
Le tipiche case “Leopoldine”
Il luogo esatto dove costruirle veniva scelto con cura, in posizione dominante rispetto al podere, dove la casa era ben esposta al sole.
- La tipica leopoldina era a pianta rettangolare, con una torretta centrale oppure due laterali, che servivano da colombaia.
- La colombaia aveva una grossa importanza in quanto permetteva di dare ricovero a piccioni e rondoni che poi al momento giusto venivano mangiati, praticamente a costo zero per i coloni. In più gli escrementi di piccione. ricchissimi di azoto, erano un ottimo fertilizzare per la terra.
- Al piano superiore della casa c’era una grande stanza con focolare e tavolo dove i coloni mangiavano; a lato le camere da letto, con materassi riempiti di foglie di granturco, prima ancora della lana.
- Nelle prime case coloniche non esisteva il bagno ed i bisogni fisiologici venivano espetati fuori nei campi. Solo in un secondo momento fu ricavato un piccolo annesso vicino alle camere. Era molto spartano, con una semplice botola e poco più. Non esisteva vasca da bagno o doccia. Ci si lavava in una tinozza con acqua riscaldata al focolare, oppure al riflesso del sole, nella bella stagione.
- Al piano terra c’era la stalla con buoi e vitelli, a lato il deposito per gli attrezzi. Nel piano interrato invece la cantina.
- Le case coloniche avevano anche un forno dove si faceva il pane una volta alla settimana.
Al primo piano e al piano terra, le tipiche leopoldine erano contraddistinte da loggiati simmetrici sotto i quali le massaie svolgevano i lavoretti domestici. Tra le attività accessorie svolte qui sotto c’era l’allevamento dei bachi da seta e la lavorazione del giaggiolo.
Annessi alla casa colonica
Accanto alla casa colonica di solito c’erano altre strutturie nell’aia e altre sul retro.
C’era il fienile, dove mettere il frumento a maturare, in un ambiente ben areato dalle tipiche fessure a mattoni rossi. Il piano terra invece veniva sfruttato come magazzino.
Dietro c’era la porcilaia per i maiali e la concimaia. Qui veniva messo il letame degli animali e riutilizzato durante la semina come ottimo fertilizzante naturale.
Completavano il resede della casa colonica toscana il silo, quale deposito per grano e granturco.
Tutte le case leopoldine avevano anche il suo pozzo, in genere riconoscibile da una piccola costruzione in muratura a lato della casa, come si può vedere qui sotto.
Le case “Leopoldine”, oltre che andare in contro alle esigenze dei contadini, fecero aumentare di valore i terreni dei signori che a loro volta furono incentivati a costruirle, grazie anche a particolari agevolazioni.
L’abbandono delle campagne nel Valdarno
Dopo la Seconda Guerra Mondiale ed il conseguente boom economico, i contadini iniziarono ad abbandonare l’agricoltura, attratti da salari e condizioni di vita migliori che offriva l’industria. Nel Valdarno Superiore le miniere di Cavriglia e Santa Barbara favorirono per prime l’abbandono delle campagne alle quali sottrassero molta forza lavoro. In seguito ci furono altre due grosse realtà economiche che diedero un ulteriore impulso a questa tendenza: la fabbrica della Pirelli a Figline Valdarno e l’industria farmaceutica Boehringer Ingelheim a Reggello.
Il sistema della mezzadria divenne sempre meno appetibile fino a scomparire definitivamente all’inizio degli anni ottanta.
Quel mondo contadino però ha lasciato tracce indelebili nel paesaggio toscano (ed anche del Valdarno Superiore), da farlo apprezzare in tutto il mondo per la sua bellezza.
La casa colonica toscana oggi
Oggi la casa colonica toscana è sinonimo di residenza esclusiva, spesso riconvertita ad agriturismo o resort in quanto non esistono più famiglie numerose come una volta per poterla abitare tutta. Per ovviare a questo problema alcune sono state anche frazionate in più appartamenti.
La loro bellezza ha stregato anche il cinema che spesso le ha immortalate in film famosi.
Un esempio è “Il ciclone” di Leonardo Pieraccioni, girato in parte in una colonica nei pressi di Laterina, oppure il capolavoro di Roberto Benigni “La vita e bella” in cui in una scena iniziale l’attore-regista lo si vede cadere da un fienile di una bella leopoldina situata nei pressi di Castiglion Fibocchi.
Se vi capita di passare una vacanza in una bella casa colonica toscana, magari convertita ad agriturismo, ricordatevi l’ origine per la quale è nata, sarà il modo migliore per entrare in sintonia con quel territorio.